domingo, 19 de noviembre de 2017

ONU lancia l'allarme: Colombia inerte di fronte all'uccisione seriale di leader sociali


...persino quelli che stanno "sotto protezione delle autorità colombiane"

Coriolanis La Colombia è un infrattore storico dei diritti umani, può vantare il solido primato mondiale di sfollati e forzata emigrazione interna. In tempi di guerra civile, non per conflitti bellici contro altri paesi. Tutti conoscono questa inoccultabile tragedia, però nessuno ne parla, nè Washington nè Bruxelles. Stavolta l'ONU ha rotto l'omertà, aprendo una breccia nel muro del silenzio. L'Alta Commisione delle Nazioni Unite per i Diritti Umanoi (ACNUDH),

che sta vigilando sull'applicazione degli Accordi di pace firmati dal governo e dall'ex-guerriglia dela Farc, allarmata per l'esecuzione annuale di 335 dirigenti sociali e difensori locali dei diritti umani, ha lanciato l'allarme durante una conferenza stampa.

"Osserviamo che si tratta di un problema ripetitivo, abbiamo indagato e confermato che sì, esiste uno schema per questi omicidi" ha detto Spindler. E' indicativo che l'uccisione di José Jair Cortés, líder afro della comunità di Alto Mira y Frontera (Tumaco), sia avvenuta nonostante la vittima stesse sotto  protezione delle autorità colombiane. Cosa inutile, che non l'ha salvato  dopo le ripetute minacce di morte che aveva ricevuto. L'agenzia dell'ONU per i rifugiati attribuisce la causa delle eliminazioni fisiche al conflitto esploso in alcuni territori, controllati in passato dall'ex-guerriglia della Farc. 


Sono subentrate forze paramilitares e bande criminali che agiscono come braccio armato di multinaziomali e latifondisti locali, decisi a integrare quei territori alla fiorente economia criminale del narcotraffico e dell'attività mineraria clandestina. L'ACNUDH esige al governo colombiano una "protezione efficace alle popolazie più colpite", e un impegno tangibile a garantire l'incolumità di coloro che hanno deposto le armi a favore della partecipazione alla lotta politica, con un proprio partito.


Disgraziatamente, sembra che si riproponga il perenne piano inclinato con cui le forze dominanti (l'1% possiede l'87% delle terre) passano dalla firma di un accordo di pace -garantito dall'ONU- alla sua esplicita negazione. E' la ricorrente tragica catena di delitti con cui l'elite bogotana -e alleati esterni- schiacciano la società nazionale, eliminando metodicamente i suoi leaders di base.


Parlare del presidente Santos, significa parlare di oligarchia in senso letterale. Rampollo di una famiglia che da quasi due secoli domina il paese sudamericano, è l'espressione "genetica" e tragica di una oligarchia che non ha mai rispettato nessun accordo interno e -men che meno- internazionale, e ciò ha consentito la conservazione formale della denominazione di "democrazia". Un totem altamente redditizio sul mercato globalista. Le monarco-democrazie nord-europee hanno avuto l'ardire di assegnargli persino il "premio nobel per la pace". Solo all'oligarca Santos, non agli altri protagonisti e firmanti della fine delle ostilità! I gusti dipendono dal palato, e quello dell'elite europea si inebria con le costumanze e i rituali marziali del clan che dirige un paese modellato come Caino d'America.


Il presidente Santos -ex ministro della difesa della narco-presidenza Uribe- sembra ispirato al solito copione, direi inchiodato alla routine. Ha firmato il documento dell'Avana, ha rinfrescato l'immagine, si è fregiato di allori, solo per poter rimuovere l'ostacolo di un fattore armato che ostacolava il revanchisme e le mire scopertamente aggressive contro il Venezuela. Santos, ipso facto,  ha concesso altre due basi militari alla NATO, pertanto può continuare con l'eliminazione fisica strisciante, costante e camuffata di tutti gli smobilitati del lungo conflitto interno armato e dell'opposizione sociale comunitaria. 


L'hanno sempre fatto, in questo sono degli esperti, dispongono di un esercito specializzato contro il nemico civile interno. Negli anni 80 avvenne la polverizzazione dell'Uniòn Patriotica, con un "plan masacre" che arrivò all'uccisione di due candidati alla presidenza, otto deputati e 70 consiglieri, con il costante stillicidio delle vite dei dirigenti di base e sindacalisti. Tutto questo, val bene una firmetta all'Avana.

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